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PENSIERI, PAROLE, OPERE ed OMISSIONI di Lucio.

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view post Posted on 15/10/2020, 18:04     +1   -1
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Vabbe' immaggino non si scrive..., perdonami la mia somarità mi è scappata... :nea:
 
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ARMIA_-_027_-_Genesi_capitolo_primo




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Genesi di ARMIA - capitolo primo





Genesi è una parola antica, fra le più antiche che si ricordino.
Precedente ad ARMIA, precedente perfino alla memoria degli uomini, e semplicemente significa "In principio"; cioè la descrizione di qualcosa che è cominciata, ma che prima non esisteva affatto…
Concetti come questi sono indimostrabili e li accettiamo così come vengono espressi; li chiamiamo concetti primari o postulati.

Ecco perché ho scelto questo titolo per l'elenco delle memorie da conservare per i nostri figli, che serve a chiarire una processione di eventi epocali nell'ordine in cui si verificarono.
Per ogni evento poi, si possono ricordare moltissimi fatti, accaduti o ipotizzati, ma non è questo lo scopo di questo mio scritto.
Qui c'è solo un "indice storico".
Essenzialità e certezze, dimostrate o intuite che siano. Accettate e null'altro.

In principio c'era la vita, scaturita dalla volontà del Creatore del tutto, e per quel che ne sappiamo, era solo sul pianeta Terra.
E non era umana. Gli uomini vennero poi, per creazione diretta secondo alcuni di un uomo chiamato Adamo, per mutazioni successive di altri esseri preesistenti secondo altri, o infine per inseminazione da parte di intelligenze provenienti "da qualche altra parte". Non lo sappiamo, e la presenza da tempi lontanissimi dell'uomo sulla Terra la diamo per postulata.

L'uomo inventò mezzi artificiali capaci di spostarsi staccandosi dal suolo e li utilizzò prima sulla Terra poi anche nello spazio, ed infine raggiunse anche il satellite naturale di quel pianeta che era stato chiamato Selene, ma che comunemente veniva detto "Luna" personalizzando con la maiuscola il nome comune attribuito a tutti i satelliti naturali di ogni pianeta, chiamati appunto lune, ma con l'iniziale minuscola.

Il primo uomo che arrivò sul Luna fu il progenitore di tutti noi Armiani, ed è stato giustamente mitizzato e considerato un Eroe, o un Semidio… un qualcuno o qualcosa di comunque molto importante.
Innumerevoli leggende sono sorte su di lui, ma io non le citerò. Pare che fosse un abile astronauta, e questo è credibile, ché certamente le prime astronavi dovevano essere molto approssimative, ma anche un raffinatissimo musicista, capace di farsi comprendere ed ammirare da qualsiasi essere senziente con un suo meraviglioso strumento ad aria… e questo è controverso.
Infatti non risulta che si aspettassero di trovare vita, su Luna, ed i suoni nel vuoto non si diffondono affatto!...

Il suo nome completo (nome Domestico, ché i terrestri non avevano il codice CIF!) era Neil Louis Armstrong, ma è quasi certo che non generò alcun Armiano, e pare anzi che nessun uomo a lui legato da parentela prossima di sangue sia mai venuto quassù.
Progenitore per noi lo sarebbe quindi solo in senso mistico.
Ma certamente ARMIA ed Armiano derivano in deferente omaggio al Suo Santo Nome.
E noi tutti siamo orgogliosi di sentirci figli del suo ardimento e delle sue divine armonie!

Ma l'esplorazione e la conoscenza della Luna non ebbe inizi facili, probabilmente perché facile non era trovare ardimentosi come Armstrong o forse lo sforzo tecnologico per mandare persone sul Satellite troppo grande o troppo rischioso… pare che per una o due generazioni dopo Armstrong nessun viaggio su Luna fu fatto.
Poi lentamente le spedizioni ripresero, con solo obiettivi scientifici di ricerca che si protrassero a lungo.
Ed in tutto questo tempo i Terrestri vissero in superficie, in sottili bolle artificiali a tenuta d'aria, direttamente a contatto con lo spazio!... Per quanto incredibile questo è certo; infatti queste strutture, dette "Basi Lunari" sono ancora visibili e, volendo, visitabili… in superficie

Fino al giorno del "Turbamento". Il più celebre ed antico dei nostri miti, ed il più inviolabile dei tabù, nella sterminata solitudine del "Mare Insularum" dove nessuno di noi metterebbe mai piede, a nessun costo!
In realtà non sappiamo esattamente cosa accadde quel giorno se non attraverso un'antica leggenda ancora raccontata. Fatto è che furono scoperte le nostre Black Bubbles, o più probabilmente se ne intuì il loro possibile utilizzo concreto come ambienti stabili e sicuri, e quindi l'avvio la creazione di vere "Colonie Terrestri" con le finalità più disparate.

Come dire che ARMIA nasceva, ma senza ancora gli Armiani.

Ed ARMIA si sviluppò in fretta, e turbinosamente, come pare facessero sempre i Terrestri, in ogni loro manifestazione, ma, forse proprio per questo, è un periodo assai poco e malissimo documentato. Tantissime leggende, quasi tutte incredibili e pochi fatti attendibili da poter riportare in queste mie note.
Pare che nascessero "Alberghi di lusso per eccentriche vacanze miliardarie" (non mi chiedete i significati, non li so), "Cliniche esclusive per gravi patologie cardiache", "Resort turistici e agonistici di esogeni sport estremi"… oltre naturalmente a fabbriche di altissima tecnologia, facilitate dalla ridotta gravità e dall'assenza d'aria.

Lo sviluppo della Luna fece passi da gigante, si impostarono le immense distese di celle solari per il rifornimento praticamente illimitato di energia del quale ancora oggi godiamo, si crearono le fabbriche robot autosufficienti per l'estrazione degli elementi chimici e la riduzione dell'acqua, impiantate le Fattorie (non gli orti, quelli vennero dopo) e fu impostato Onnivac, il supercalcolatore capace di gestire tutto in automatico, riprogrammarsi, perfezionarsi… insomma l'embrione dell'Onnivac di oggi che ci guida e ci protegge.

Perché quel periodo è così poco documentato?... perché all'epoca ogni cosa veniva importato da Terra e tutto era carissimo su Luna, ma ogni cosa di Luna riportata su Terra (ed i costi di ritorno erano enormemente più bassi) diventava prezioso souvenir per i circa otto miliardi (si avete letto bene, otto miliardi!) di terrestri che non avevano speranza alcuna di visitare Luna!
Ogni informazione veniva trasmessa via etere, ed i supporti rimanevano su Terra. Ripartendo, ognuno portava con se tutto quanto possibile, e quelli che rimanevano non avevano alcun interesse a musei o librerie locali…
Ogni briciola utile, veniva poi riciclata all'infinito, come ancora usiamo fare adesso, nonostante la nostra opulenza, che non è mai spreco e sempre rispetto.
In fretta, ma non tanto in fretta, i Terrestri presero coscienza che Luna era un mondo pericoloso, per loro.
Una lunga permanenza sul satellite compromette o inibisce funzioni importanti per l'organismo umano fatto per l'alta gravità terrestre ed una lunga permanenza su Luna rende problematico o addirittura impossibile il reinserimento su Terra. I bambini concepiti e nati su Luna sono poi praticamente incapaci di adattarsi alla gravità terrestre dove si può sopravvivere solo indossando il pesante esoscheletro!

Così com'era nata, la "frenesia per la Luna" si esaurì in fretta, ed i due mondi si spaccarono, pur rimanendo uniti da un complesso cordone ombellicare di rapporti cordiali.
Non c'è mai stato un conflitto Terra Luna.

Nel giro di pochi decenni, i Terrestri rinunciarono del tutto a recarsi su Luna affidando i loro traffici alle astronavi robotizzate ed ad agenti umani, scelti fra quelli che avevano deciso di rimanere per sempre qui o semplicemente che qui erano nati…

Le cose umane per loro natura evolvono, ed inevitabilmente si arrivò alla crisi.
Gli abitanti della Luna compresero di essere degli sfruttati, e decisero di affrancarsi anche ufficialmente dai progenitori terrestri, divenuti estranei, anche se fisicamente ancora molto simili, ed ancora capaci di ibridi interspecifici.

Due specie umane diverse, ormai. Noi Armiani, specie nuova, da una parte, i Terrestri dall'altra .

L'atto ufficiale di separazione delle specie fu concordato e ratificato poi in una manifestazione sontuosa ricordata come "IL DISCORSO", che vide da una parte uno straordinario numero di Armiani "fisicamente presenti" nella più grande struttura abitabile di ARMIA, e dall'altra Tutta la Terra collegata via etere nella più grande e totale Mondovisione che sia mai stata realizzata.

Una cerimonia di facciata certo, fatta per ufficializzare una realtà già ampiamente consolidata, una cerimonia volutamente zeppa di simbologie e di "segni" (fra i quali quella di essere documentatissima!) a lasciare indelebile il ricordo del momento solenne.

Senza dilungarmi, che de "IL DISCORSO" sapete tutto sin da bambini, sottolineerò che in quella circostanza fu asserita la nostra discendenza spirituale da Neil Louis Armstrong, i nomi stessi di ARMIA ed Armiani e la loro indipendenza da Terra.
A pronunciare il discorso fu un Armiano maschio di dieci anni selezionato da Onnivac (fatto simbolico anche questo!) e definito il più puro discendente dei più antico uomo nato su Luna (come abbia fatto Onnivac questa scelta non si sa, ma è irrilevante!).
E, caso rimasto unico!, si ebbe il ribattezzo ufficiale di Doosie (questo il nome domestico del giovane) con il CIF numero uno!
Infatti, già allora, e da generazioni esisteva il CIF (Codice ufficiale Identificativo Familiare), unico ed inamovibile assegnato da Onnivac al momento del concepimento; ma in quel caso si volle sottolineare il significato massimamente simbolico, ed Onnivac fu d'accorto.

Quel giorno nacque il nostro popolo e la Storia. Siatene orgogliosi, Figli!.


Lucio Musto 18 giugno 2016

...................................................................

CITAZIONE (Cementone @ 15/10/2020, 19:04) 
Vabbe' immaggino non si scrive..., perdonami la mia somarità mi è scappata... :nea:

non farci caso le parole son fatte per veicolare le idee, ed immaggino è efficacissimo.

Si, anch'io vedo la Luna come possibile discarica di scorie soprattutto nucleari, e già stanno cominciando anchee con Marte, dove già i due primi pionieri son destinati a diventare scorie radioattive, quando non funzioneranno più.
No, ARMIA è ottimista, spera di rimanere un mondo pulito... (ci sarà un articolo specifico sulla munnezza)
 
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Interludio_1_-_Pensieri_Parole_Opere_ed_Omissioni_0




Interludio 1°



questo primo interludio voglio dedicarlo al mio amico vetraio, quello che mi ha provocato sul ciglio di questo forum,
spingendomi a pubblicare qualcosa di mio ed aprendo questo topic dal nome per me assai intrigante e denso di significato.
"pensieri, parole, opere ed omissioni..." certo lo sapete, non son parole prese a caso, bensì dal "confiteor", l'atto penitenziale
della propria inadeguatezza spirituale che ogni cattolico recita all'inizio della Messa.

Il testo è in latino, ma tradotto fa, press'a poco:

"Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni,
per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.
E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro."


Cosa abbia ispirato il mio amico a scegliere queste parole non lo so, ma voglio dire perché per me contano tanto.
Semplicemente perché più di ogni altra frase che conosco esse sono un dito puntato contro la mia onestà intellettuale e coerenza
spirituale, ed io a quelle due cose ci tengo assai.
Fortunatamente non tutte queste parole le sento così pesanti ma alcune purtroppo si.

Uomini lo siamo tutti, e come tali peccatori, mi dico, e questo dovrebbe già in parte consolarmi; ammettere di aver peccato non è
nemmeno una cosa tanto stupefacente, ma andando nel dettaglio...

"molto peccato in pensieri..." - Evvabbè Signore, ma tu che vuoi da me?... il pensiero ce l'hai fatto tu, e lo sai come funziona; ti sboccia
in testa che manco te ne accorgi, e manco ci pensi che stai pensando... almeno fin quando non rifletti che il pensiero era peccaminoso...
ma insomma l'hai già fatto, il pensiero...

"parole..." - Tu lo sai, Signore, che io mi sforzo di essere sempre molto prudente, con le parole, e cerco di far passare tutto dalla testa,
prima di parlare, soprattutto quando sto sui forum che sono zeppi di gente suscettibile ed incazzosissima...
Però diciamo anche che tu hai messo la glottide, la faringe e le corde vocali troppo vicine alla lingua ed alla bocca e certe volte non c'è
nemmeno il tempo materiale di fermare una parola pesante contro certi che proprio te le tirano di bocca, come diciamo noi umani...
ed infine Signore, ma quanto grave può essere un vaffanculo sganciato con lo spruzzo ad uno che proprio se lo merita?... Pensa che perfino
la Corte di Cassazione italiana (e ti ricordo che L'Italia è dove c'è il Vaticano ed il Papa) ha detto che non è perseguibile come reato di
vilipendio... evidentemente, penso io, quei saggi giuristi avranno considerato che davvero ce ne sono molti di cittadini meritevoli di
un sonoro vaffanculo, a tutti i livelli!

"opere..." - Qui Signore, ti do più ragione, di opere buone ne facciamo poche, e dovremmo farne di più, senza dubbio, e non discuto.
Ma nel tuo giudizio su di noi considera anche le attenuanti, quelle generiche e quelle specifiche. I figli che distorcono il naso se
sperperi il patrimonio che loro considerano già loro proprietà in pectore ed altro non aspettano che un tuo tentato sgarro per farti interdire
come ormai incapace di intendere (e non è difficile farlo ungendo le ruote giuste) o semplicemente tua moglie che considera assai più caritatevole
il vestitino firmato per sé o per una nipotina che non l'elargizione volontaria per i lebbrosi d'africa.... Cosette così, dovresti considerarle,
Signore... nuje ccà abbascio, vulésseme campà quiète!...

Non è rimasto che l'ultimo, le "omissioni..." - ed è qui, Signore, che mi sento fottuto e non ci dormo su!...
Le "omissioni" sarebbero quelle cose, quelle azioni benevole, quei pensieri buoni e santi, quei lodevoli interventi che potrei fare, che dipendono
da me e da nessun altro, su cui io posso decidere in tutta autonomia come comportarmi, quando e dove... e delle quali sono pienamente
cosciente... Cose mie, cose che so di poter e dover fare... e che invece non faccio !
E' qui, Signore, che davvero mi sento una merda!. E mi sentirei lo stesso una merda anche se tu non ci fossi, non vedessi, e non intendessi
giudicarmi e magari punirmi.

Ho finito, e spero di essere stato chiaro.
E francamente mi sento meglio.

Grazie vetraio. Mi hai fatto un regalo. Forse a vivere in mezzo a tutti quei cristalli, quelle evanescenze, quelle trasparenze ti ha dato
una sensibilità fuori del comune. Con l'ultimo sorso d'acqua della giornata, sono ormai le tre e mezzo di notte, brindo al tuo bel carisma
e saluto il Forum.

Lucio Musto 20 ottobre 2020

Edited by Lucio Musto - 20/10/2020, 03:34
 
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Si, è chiaramente tratto da quello e l'aggancio è proprio la prima parola "Confesso" collegata a "Le confessioni" perchè fin da (quasi) subito ho associato il percorso che ha portato il giovane Lucio libertino godereccio ad essere il maturo (quasi marcio) devoto e riflessivo di oggi ma pur sempre pungente e critico nel suo rapporto col Mistero di Dio, a ciò che si legge su quel libro.
Un S. Agostino de noartri, per intenderci.



CITAZIONE (Lucio Musto @ 20/10/2020, 03:13) 
........- Qui Signore, ti do più ragione,.......

Ao, come te permetti? Forse era meglio:
Qui Signore riesco a cogliere meglio le Tue ragioni.
Io te lo dico, stacci attento perchè a volte è pure permaloso e vendicativo, eh. :asd: eheheh:
 
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CITAZIONE (Forsons66 @ 20/10/2020, 19:51) 
...... ...... ......
Ao, come te permetti? Forse era meglio:
Qui Signore riesco a cogliere meglio le Tue ragioni.
Io te lo dico, stacci attento perchè a volte è pure permaloso e vendicativo, eh. :asd: eheheh:

Allora, facendo ancora uno strappo alla consecutio logica del post, pubblicherò, per tuo diletto, un vecchio mio scritto: "Lettera a Dio"
mo la cerco, e pubblico|

................................................................

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f12___Lettera_a_Dio




Lettera a Dio


.
Ti conosco da sempre, Signore, e anche tu, mi assicurano i preti, sai molte cose di me.
Ma non stiamo troppo in confidenza.

Io ti vengo a trovare, è vero e tu, dicono, sei sempre dentro di me.
Ma non lo so se davvero ci sei: quasi mai avverto la tua presenza.
Quando sono da te, la mattina, sei silenzioso, di norma.
Te ne stai chiuso in quel tuo studiolo dorato e non parli, non rispondi ai miei dubbi, non sembra tu voglia ascoltare quel che forse, lo ammetto!, io nemmeno riesco a chiedere bene.

Ma oggi mi sono deciso, ti scrivo una lettera.
Faccio così anche con mia moglie quando non riusciamo a comunicare, ed anche con lei questo mi capita spesso!

Voglio scriverti per cercare di liberarmi di un certo peso che ho dentro.
Molto spesso ti prego, e così fanno i buoni cristiani, e ti chiedo le cose.
Cose che peraltro è proprio assurdo chiedere.
Qualche volta invece ringrazio; per quello che hai fatto o permesso, per quello che hai impedito o mi hai evitato.
Ma mai invece, Signore, ti ho aperto il mio cuore e sinceramente ti ho detto che credo tu abbia fatto un sacco di sbagli.

Certamente questo mondo che ci hai dato da vivere hai cercato di farlo nel modo migliore.
Ma forse non avevi esperienza, o forse sei stato sin troppo ottimista.
Ma non te ne faccio una colpa: è il difetto comune dei buoni.

Fatto sta che hai fatto un mondo scadente, e fa acqua da tutte le parti.
Chissà, se per una volta mi ascolti, ed aggiusti qualcosa!.
Non per me, sia ben chiaro.
Io sono vecchio oramai e più non m’importa se le cose sono storte, ma per gli altri, i ragazzi, che ancora potrebbero avere davvero la gioia e il sorriso di questo mondo ridente che piange, del radioso futuro che porta al deserto.

Non ti dirò di tutte le cose che secondo me non vanno. Occuperei troppo della tua pazienza e forse mi perderei in cose minori, ma ti parlerò innanzi tutto del tempo, che è il punto dove secondo me le cose ti sono uscite peggio:

ti rimprovero, Signore
del tempo che ci hai dato,
che è di sua natura tristo e poco.

Mi sono nati in mente questi versi, stamattina, che malamente parafrasano il bellissimo Cantico delle Creature di padre Francesco, ma non so dirmi che non è vero, che sono sbagliati.

Ci hai dato giorni troppo lunghi per anni troppo brevi.
Nei pomeriggi della gioventù moriamo di noia (ti ricordi “Buona domenica” di Venditti?) e nelle notti insonni della vecchiaia ci chiediamo come abbiamo sprecato quegli anni frizzanti in un soffio volati via.
Non ci rimane quindi che piangere per le belle cose che non abbiamo fatto, ricordando appena che quelle cose belle, allora, non sapevamo punto che esistessero, e che fossero alla nostra portata.

Sprecammo i tuoi doni, Signore, ed ora sprechiamo i minuti che ancora ci concedi in lamentele e rimpianti quando dovremmo ringraziare e pregare.

Anche con le mele, hai sbagliato i tempi.
I frutti resistono tutto l’anno ed a me non piacciono molto mentre i fiori, che sono la parte migliore, non resistono mai fino al suo compleanno perché io possa decorarle la mensa.
E con le donne.
Le hai fatte troppo belle, da giovani, che ci intimidiscono e non riusciamo ad apprezzarle.
Da vecchie invece, ce le fai trovare arcigne e incattivite.
Noiose tanto da non potersi sopportare.

Ti rimprovero poi dei peccati.
Di quelli che ci dissero gravi, quand’eravamo bambini e di cui ora ridiamo, e di quelli veniali, che solo ora capiamo quanto fossero dannosi.
Vivemmo quindi nel dolore di “offendere l’infinita Maestà Tua”, come si giaculava allora, moriamo col dolore di avere davvero, ma anche senza saperlo, insozzato e sciupato il tuo splendido atto creativo.

E l’assicurazione dei nostri preti che “l’ignoranza affranca dal peccato” non ci consola per niente.
Anzi forse, ci avvilisce ancora di più. Perché anche in questo hai sbagliato, quando ci hai inventati, e il combinare pasticci e fare del male o del danno senza neppure saperlo o volerlo è anche peggio, per noi, che farlo facendolo apposta.

Ti rimprovero poi per mia moglie, che ora è venuta ad importunarmi (mentre stavo parlando con te!) per dirmi ch’è pronta la cena.
Me l’hai data con troppe virtù, che non ho saputo apprezzare, me l’hai data con pochi difetti, che non era mia forza aggiustare.
Sopratutto me l’hai data con l’amore per me, che lei ha sfruttato a mio danno, subendo paziente i miei guasti, fedele al suo eterno perdonare.
Ed è questa la cosa che mi fa oltremodo arrabbiare.
E tu mi fai rabbia di più perché so che di questo dovrei ringraziarti.

Mi fermo qui ma come vedi, Signore, ne hai davvero sbagliate parecchie.
Proprio troppe per essere un Dio onnipotente e pieno d’amore.

Ma qualcosa di giusto l’hai fatto, non so se per caso, o davvero perché ci hai pensato.
Ed in fondo mi basta.
Nonostante le botte e i dolori, gli “scherzi da prete” che fai e le angosce che mandi a casaccio, hai permesso, o voluto?, od imposto? che ancora io ti amassi.

Come un tempo, come oggi... e come spero domani.
Grazie, Dio.



Lucio Musto 11 giugno 2005 parole 879



copiaincollata da qui (dove ci sono anche i commenti)
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Gustosa Lucio, io avrei un po' di cose da rimproverargli, ma conto di dirgliele a quattr'occhi fra un po'.

Una cosa però sarebbe stato così facile per Lui da applicare e così grandi giovamenti ci avrebbe dato senza inficiare per nulla i motivi per i quali (forse) c'ha messo al mondo, eppure Lui non ha pensato a

"Il curioso caso di Benjamin Button"

Pensa quanto sarebbe bello nascere vecchi deboli e malconci e pian piano riacquistare forze energie intelletto.... quanto lo si apprezzerebbe di più e si sfrutterebbe a pieno la gioventù che avanza. A quel punto una vita basterebbe, poi pian piano che si diventa sempre più piccoli si perderebbe gioiosamente coscienza di se fino alla più dolce delle fini: l'oblio.

A pensarci è stato Francis Scott Fitzgerald, dannazione.
 
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Come sempre piacevole leggerti e da Teologo (quasi, visto che non ho finito x pochi esami quegli studi) ti dico che la tua è una ottima forma di preghiera, non per nulla le “lamentazioni” sono una alta forma di questa.
La “confidenza” che ti permette di lamentarti non è altro che la “fiducia” che deriva da fidēre fidare-confidare cioè ciò che crea legami con l’altro, unita a fīdes fede, il tutto in contrapposizione col “diaballo” colui che divide.
Quindi ben vengano le lamentazioni, lo sfogarci con l’unico che ci può veramente capire “io ti conosco fin dal grembo materno”, sono già un passo importante per risolvere problemi e afflizioni in quanto li si porta fuori da noi in modo tale da poterli vedere meglio, con fare distaccato “salì sulla barca, che era di Simone, e si discostò un poco dalla riva” (Luca 5,3 se non ricordo male) e i pescatori che si “fidarono/confidarono” in Lui risolsero il loro problema cioè non avevano pescato nulla.
Vabbè ora vado a nanna 😇😇😇 se no non smetto più 🙄🙄🙄
 
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"sulla sua parola getterò le reti" [Lc 5,5]

certe frasi sono più pregnanti di altre, e questa è una di quelle che ti rimangono dentro, se le consideri anche una volta sola nella vita.

"gettare le reti" detto da un povero pescatore della Galilea. Gettare le reti per loro significava pane, sopravvivenza, essenziale.

Affidare l'essenziale ad un atto di fede è la manifestazione d'amore più grande che si possa dare.

Lo fa il bambino quando ha paura aprendo le braccia alla mamma, e lo fa in modo spontaneo, totale.

Poi tanta spontaneità si perde, e quando stai proprio di fronte alla morte, e senti di non aver più tempo per nulla (a me è capitato)
di nuovo apri le braccia per accogliere lo Spirito che viene, e lo fai serenamente, in piena coscienza, e non senti più il male.
Ma non sei tornato bambino, e lo sai. Apri le braccia e dici "Signore, eccomi", ma su quelle braccia stanche senti il peso di tutte le tue
mancanze: liberamente scegli, ma non sei nella gioia, e l'atto supremo ti costa fatica.
 
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Epperò quando accade che ho una discreta intuizione, butto lì un incipit, uno spunto interessante e nessuno lo coglie e/o lo sviluppa, beh ci rimango ancora male. Ci dovrei aver fatto il callo, invece no.

Possibile che nessuno ha letto il libro, visto il film o semplicemente capito dalla mia breve descrizione in cosa consiste "Il curioso caso di Benjamin Button"?
Nessuno coglie il genio di Francis anche solo di aver concepito un'idea così fuori dagli schemi e dalle implicazioni così stimolanti?
Ma ci pensate? Nascere vecchissimi e ringiovanire col passare del tempo. La fase di apprendimento ed esperienza fatta in età matura quando non sono gli impulsi fisici a farla da padrona, (quando si pensa più col cervello che col pisello). Si godrebbero e apprezzerebbero molto di più le esperienze.
E magari si andrebbe in pensione a 20 anni. :banana:
 
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Colto ma non condivido, ti immagini che nel pieno delle tue forze a 18 anni . . . . . ti sfilano le ruote da sotto il culo :Azzz: :Cry: :Cry: :Cry: :cry2:
 
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Si, Forsons, ma tu a volta lanci ami spropositatamente grandi...

Non è cosa a misura di Forum di discussione argomentare sul "Curioso caso di Benjamin Button" di cui certo sappiamo tutti.
Io ho visto il film, ma non ho letto il libro. In cambio se ne dibatté (a "film fresco uscito") su un serioso Forum parafilosofico
che allora mi onorava della sua ospitalità (non so se esista più), e non fu un dibattito veloce né agevole.
Perché, vedi, non si tratta della fantasia su un "caso curioso", ma su una ipotesi socialmente, oltre filosoficamente complessa assai.

Alla fine, se non ricordo male, tutti o quasi eravamo d'accordo sul fatto che in definitiva non ci sarebbe piaciuto né essere un
Beniamin Button, né tantomeno vivere in un mondo parallelo dove quello "sviluppo al contrario" fosse la norma naturale.

Nessuno arriverebbe a vedere la fanciullezza e tantomeno l'infanzia, fu fra le conclusioni prevalenti. Tutti si suiciderebbero molto prima.

...................................................................................


Riprendendo il filo dei "fuori tema", ma così succede spesso quando si chiacchiera fra amici, voglio pubblicare una mia antica esperienza,
punto importante nella mia biografia, che mi è occorso di rispolverare ieri sera per farne omaggio ad una mia gradita ospite.

Si chiama "Tommaso" e non so quanto sia comprensibile nei suoi risvolti emozionali.
Se fosse poco chiara, chiedete pure, mi sforzerò di spiegarmi meglio

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.

f1___Tommaso

.



TOMMASO




Questa storia è nuova di vent’anni. Nel senso che la racconto, spesso, da vent'anni, ma non l'avevo mai scritta prima.
Ed ora invece l'ho scritta, e per due motivi: perché nella mia mente è fresca ed immediata com'era allora (ché non sono stato capace di romanzarla nemmeno nel ricordo), e perché penso che se ora muoio non la racconterà più nessuno, ed è un peccato, perché è una storia che va ricordata.

Comincia così.

Ero in un incontro spirituale, (una Mariapoli, per chi sa cos'è, ma altrimenti non importa), uno di quelli in cui si cerca di chiarirsi qualche idea e mettere un po’ d'ordine nella propria anima, e si cerca di farlo insieme agli altri perché qualcuno ha scoperto che ci si riesce meglio.
Uno di quei rari "meeting” in cui non occorre fare il saputello e puoi dire senza vergogna allo sconosciuto che incontri nell'intervallo: «ho capito pochissimo…, solo questo», e glielo racconti, e quello ti risponde: «beato te, io avevo capito ancora meno…, solo questo » e te lo racconta.
E tu, alla fine della giornata, ti rendi conto che grazie alle conferenze, ma più per i molti ripassini fatti nei corridoi, hai capito un mucchio di cose.

Ero dunque in un incontro così e qualcuno dei Capintesta ci fa, pressappoco:
«Se siete contenti..., stasera, dopo cena, dovreste 'fare i perni' per un gruppetto di famigile che partecipano per la prima volta, cosicché loro si sentano a proprio agio, si sentano amati, e se hanno qualche problema ve lo possano esporre liberamente... . 0 qualche dubbio...»

Posso fermarmi?... E' chiaro in quale casino ci stavano buttando?... Rosaria ed io, (si, c'era anche mia moglie ed ha fatto la sua buona parte, anche se io questa storia la racconto sempre come mia), cercammo di glissare, di scansarci, di evitare la rogna, ma con certi Capintesta c'è poco da fare; l'espressione poi "Se siete contenti", nel gergo di questa gente equivale al più perentorio degli ordini.
E così, dopo esserci affidati a Dio come di consuetudine (ma quella volta più per fifa che per fede), per la prima volta, facemmo i "perni di famiglie Nuove".

Erano una ventina di persone in tutto, quelle del nostro gruppetto, e Tommaso parlò quasi per ultimo, dopo sua moglie e briosamente ci raccontò di sé, della sua vita, del suo ambiente, del matrimonio.

Entrambi medici, esercitavano in una grossa cittadina vicino Potenza. Non ricchi, non poveri, senza grossi problemi personali o familiari, simpatici, colti, stimati in paese, parecchi amici.

Poi Tommaso concluse:

«Ed ora lasciatemi essere chiaro: devo spiegare perché sono qui. Sono qui solo ed esclusivamente a causa di un ricatto di mia moglie che ha barattato la mia partecipazione a questo vostro incontro con la sua partecipazione ad un viaggio nella Sicilia Classica che invece voglio fare io.»

Ecco, io lo immaginavo che qualcosa doveva andare storto, e che noi non eravamo pronti a guidare i gruppi.

«Comunque - continua Tommaso - Non preoccupatevi per me. lo mi sforzo di essere una persona civile e so tener fede ai miei impegni.
Il fatto che io sia e voglia continuare ad essere assolutamente ateo non mi impedirà di partecipare con attenzione ad ogni incontro, seminario, intervento o conferenza che occorra. Solo, vi prego, non tentate di convertirmi, se possibile. Perdete tempo voi, e scocciate a me.»


Fu di parola, Tommaso; esemplare, devo riconoscere.
Puntuale ad ogni incontro, sempre partecipe interessato ed interessante, critico acuto ma mai irriverente, obiettivo ma rispettoso delle altrui convinzioni.
Ma laico.
Di quella laicità assoluta che contraddistingue gli atei per convinzione (e sono pochi) ben distinti dai più, gli atei per strafottenza.

Sempre presente ed amichevole, devo dire che Tommaso non fu per me una difficoltà da affrontare, ma fu piuttosto il moderatore che mi occorreva per tener a freno l'entusiasmo che mi spingeva a suscitare chissà quali conversioni o ardori missionari nel gruppetto affidatomi.

Se questa prima prova da “perni" non andò malissimo, certamente fu merito anche suo.

Ci perdemmo di vista subito dopo la Mariapoli.
Potenza era, come si diceva, di un'altra zona e per alcuni anni non ci siamo più visti. Tommaso e la moglie, ma soprattutto lui, erano vivi solo nel ricordo di quella nostra "prima volta".

Una sera, ricordo che ero appena rincasato dall'ufficio, mi telefona un conoscente, più di me interessato al movimento spirituale cui accennavo prima e mi accenna a Tommaso; io ovviamente lo ricordo immediatamente e lui mi invita ad andare al Cardarelli:

«Sai, Tommaso sta male, ha un tumore, ha piacere di rivederti. Se sei contento... ».

Beh, questa volta contento lo sono davvero. Non del tumore certo, ma del fatto di essere stato avvertito, e soprattutto del fatto che Tommaso si ricordi ancora di me.

Corro subito, e non mi viene nemmeno di pensare che io gli ospedali li odio, e mi deprime entrare nelle corsie: non sono fatto per l'assistenza ai malati...

Mi riconosce subito e mi viene incontro per abbracciarmi. Barcolla un pochino ma ha la faccia di uno che ha vinto alle corse:

«Benvenuto, benvenuto, come stai?, vieni; che ti faccio conoscere gli amici...»

Per la prima volta percepisco la stanza, ed i suoi occupanti.
Sei uomini in tutto, uno nel letto, altri quattro in pigiama giocano a tressette su un tavolino, e Tommaso che mi mostra loro come un suo avere prezioso. L'atmosfera è serena, quasi gioiosa direi, nonostante che gli uomini siano evidentemente malati e chiaramente adusi alla sofferenza:

«Ecco, questo è Lucio, che come vedete è venuto subito come vi avevo garantito - comincia Tommaso rivolgendosi ai compagni di stanza che attentissimi sembrano succhiare ogni sua parola – ora ci farà un po' compagnia. Vedi - rivolgendosi poi a me - ho parlato loro di te e di come e quando Dio ha voluto che ci incontrassimo, e come ha voluto che tu fossi lo strumento nelle sue mani per agire su di me; ho raccontato pure di quant’eri imbranato e ci siamo fatti un sacco di risate alle tue spalle!... ma tanto tu non ti arrabbi e noi ce lo possiamo permettere.
Sai -
abbassa la voce come per rivelare un segreto, ed attirando ancor più l'attenzione - ufficialmente noi tutti abbiamo l'epatite B, e dobbiamo aver pazienza e sopportare i dolori, ma quando siamo fra noi (e tu sei dei nostri) e non ci sono visite, possiamo dirci la verità. Nessuno di noi sarà più qui fra tre mesi (io lo so bene, le diagnosi cliniche le so fare, ti ricordi che sono medico?), ed abbiamo quindi pochissimo tempo per divertirci e goderci la vita, ma anche pochissimo tempo per il lavoro che dobbiamo svolgere...
Eh si, mio caro, un mucchio di lavoro... o tu credi che Dio sia un sadico che ci tiene qui dentro senza motivo, solo per godere delle nostre sofferenze? Se ti vengono questi pensieri stai attento! perché sono tentazioni! perché si, ci sta pure il Diavolo e si mette in mezzo a rompere!...

E noi abbiamo il nostro lavoro da svolgere; ed è importante e faticoso!... vedi tutti noi che moriamo nella sofferenza, e che abbiamo capito qualcosa, siamo chiamati ad insegnare agli altri, a quelli che ancora sono vivi e forti, a vivere bene, a morire bene, a vivere con amore per poter poi a propria volta morire per Amore. Ed è così: ora noi, noi sei, stiamo morendo per amore di Dio e con amore per il prossimo; e le sofferenze, anche le sofferenze, ci sono più lievi, e non ci fanno disperare.... - un annuire del capo degli altri conferma le parole di Tommaso - siedi, ora ti spiego».


Mi siedo su un letto. Tommaso, una volta di più, mi intriga, mi affascina, mi stupisce.

«il dolore - parla per me, ma lo ripete anche agli altri - è fatto di due parti, distinte ma intimamente collegate.
Una è quella fisica, più facilmente studiabile ed in effetti più approfondita dai nostri scienziati, che consiste in messaggi elettrici e chimici, che si appoggia a ricettori e neurotrasmettitori e serve all'organismo come risposta ed allarme per stati di malessere o di trauma eccetera. Lo abbiamo tutti ben presente.

L'altra parte invece è di natura concettuale, cioè è nel dominio del pensiero, della razionalità e della psiche.
E' l'analisi della “motivazione, del dolore”... mi spiegherò con un esempio semplice: la puntura dell'ago della siringa genera meno reazione e fa meno male di quanto ci si aspetterebbe, perché tu “sai” che sta arrivando, che durerà poco, che è indispensabile e che servirà a farti star meglio.
Cioè, nella capoccia ti fai una ragione del perché di quel dolore, e lo accetti, ed il dolore, che non diminuisce affatto di intensità, vista la natura oggettiva, chimico fisica della sua genesi, ti diviene però “sopportabile”.

Troppo ovvia conseguenza di quanto ho affermato è che più forte è il dolore, più grande deve essere la “motivazione” che può rendertelo sopportabile.

Ed ora quindi torniamo a noi: il dolore dei malati terminali di cancro, è notoriamente... “ non c'è male”!...; e noi ne abbiamo esperienza.
Ma, come dovresti sapere bene anche tu, l'Amore di Dio è infinito, e quindi comunque ampiamente sufficiente a motivare qualunque livello di sofferenza.
Perciò non preoccuparti per noi, e spiegalo anche agli altri, a quelli che ti hanno mandato: noi stiano sereni, noi moriamo tranquilli.
Per quello che ti ho spiegato e per un terzo motivo, per la terza parte del dolore, che ora ti dico.
E' la parte che unisce il naturale al soprannaturale, il fisico allo spirituale, il concreto alla fede divina.

Il dolore fa male, perché se ne ha “paura”, perché non sai quanto diverrà grande e se lo saprai sopportare senza impazzire.
Ebbene, chi ha fede sa bene anche un’altra cosa: Dio è padre e dà il freddo secondo i panni.

Nessun padre sottoporrebbe mai un figlio ad una prova che lui non può sopportare! E quindi non dobbiamo aver paura di non farcela!»
.



Lucio Musto 3 luglio 2000
 
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view post Posted on 23/10/2020, 17:06     +1   -1
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Lucio fantastico racconto 👏👏👏 nel leggerlo mi sovvenivano le parole di un certo “Escrivà de Balaguer” (Santo) nei primi giorni di sacerdozio e di chiamata quando aiutava i pazienti moribondi e un tale di nome Isidoro Zorzano ingegnere (ora Venerabile).
Negli scritti trovi le stesse affermazioni + o - e per chi ci è passato (nella fede) può solo che confermare.
Grazie.
 
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view post Posted on 23/10/2020, 18:28     +1   -1
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Bello, bello, pure scritto splendidamente.

I benefici della fede come consolazione e/o accettazione del dolore sono inneabili e cosa buona e giusta.
Beato chi ce l'ha.
 
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view post Posted on 23/10/2020, 21:01     +1   -1
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vi ringrazio amici miei, e di cuore. Tommaso, pur avendolo visto e frequentato solo nei due momenti che qui ho narrato
(non seppi nemmeno di quando morì) è stato un riferimento costante, nella mia vita, o almeno negli ultimi 40... 45 o forse 50.
La forza della coerenza e delle idee chiare. L'onestà intellettuale e morale di cambiarle pure, quelle idee, o rivoluzionarle.
Già, perché ci vuole forza a dire: prima non avevo capito nulla, ora forse ho capito tutto...

E Tommaso, anche stasera, è un dono prezioso, per me.
 
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view post Posted on 23/10/2020, 21:29     +1   -1
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Direi per tutti noi 👍
 
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